Ieri sera in SKY PAY per Wiew, premetto che sono un patito del comandante Kirk, ho visto l'ultimo film girato sul famosissimo"carro stellare", Star Trek. Chi l'avrebbe mai detto che quarantasei anni dopo la prima messa in onda di «Star Trek», dopo cinque serie televisive e dieci lungometraggi, quell'universo narrativo potesse ancora generare un film capace sì di rifarsi al classico, ma al tempo stesso di essere completamente nuovo ed accattivante, non solo per i fans ma anche per i profani della saga. Sembrava impossibile eppure J. J. Adams (già regista di «Lost») ce l'ha fatta e con il suo «Star Trek» ha osato seguire l'unica (anche se difficoltosa) via percorribile per chi voglia dare nuova e autonoma vita ad un classico: il tradimento. Tradendo il mero ossequio della tradizione, l'ammiccamento per compiacere i fans, rifiutando ogni imitazione e percorrendo invece la strada dell'emulazione, Adams ha affondato completamente le mani nel vasto materiale a sua disposizione ed ha ricostruito totalmente i personaggi del capitano Kirk, l'alieno Spock, l'ufficiale medico Leonard McCoy, l'ufficiale delle comunicazioni Uhura,Montgomery Scott, il guardiamarina russo Pavel Checov e lo schermidore Sulu. Sono tutti presenti all'appello, ma tutti riscoperti nella loro giovinezza, in un prequel che ne indaga le personalità e le vicende che li hanno portati fino all'Enterprise. In particolare il film si concentra sui percorsi personali di Kirk e Spock, sulla loro formazione e il loro incontro-scontro come momento necessario per confrontarsi con sé stessi e con l'altro per superare entrambi le rispettive difficoltà emotive. Vincendo assieme la prima vera prova virile, diventeranno gli uomini, gli eroi e gli amici che le serie TV ed i film ci hanno abituato a conoscere. Questo film non chiude una tradizione, ma ne apre una nuova, innovando nella continuità. A dimostrare questo passaggio di consegne vi è il cammeo di Leonard Nimoy, lo Spock originale, che cede simbolicamente l'Enterprise ai suoi nuovi colleghi.
13 maggio 2010
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