Benvenuti
alla grande festa del Reddito di Cittadinanza. I numeri sono da capogiro: 2,7
milioni di beneficiari, 5mila euro l’anno in media a testa. E poi, la card
numero uno, sotto teca come fosse il mitico «decino» del re dei miliardari,
Paperon de Paperoni. Si parte, sia pure fra i dubbi del presidente (ormai in
scadenza) dell’Inps, Tito Boeri. Insieme a Quota Cento è il pilastro del nuovo
welfare del governo. Una boccata d’ossigeno dopo gli anni dell’austerity, con
gli italiani chiusi nella tenaglia fra la riforma Fornero e la grande crisi
economica. Tutto bene, allora? Andiamo con ordine. Nel Paese è cresciuto
enormemente il numero degli italiani arrivati ad un passo o, addirittura,
finiti nel baratro della povertà. Era legittimo e sacrosanto fare qualcosa per
aiutare i più deboli. Così come era necessario attenuare le conseguenze
socialmente più rilevanti della riforma delle pensioni. Il problema, però, è un
altro: nell’attuale situazione economica il Paese può davvero permettersi i
numeri e le risorse messe in mostra ieri con l’avvio del reddito di
cittadinanza? Qualche dubbio è legittimo. Prima di tutto, si tratta di
operazioni coperte in deficit, ricorrendo a nuovi debiti. A fine anno dovremo
piazzare sul mercato altri 50 miliardi di titoli pubblici solo per fare fronte
al disavanzo. Una cifra che si aggiunge ai 340 miliardi di Boe e Btp in
scadenza. Ma non basta. Negli ultimi tre mesi siamo entrati in recessione. E,
quest’anno, se tutto filerà per il verso giusto, il Pil aumenterà solo dello
0,6%, la metà di quanto programmato dal governo.
@enio