Se un
marziano sbarcasse a Roma, finirebbe per credere che Matteo Salvini e Luigi Di
Maio, lungi dall’essere i vicepresidenti del Consiglio dello stesso governo,
siano l’uno il leader della maggioranza e l’altro dell’opposizione. Con ruoli
interscambiabili, per cui, se uno dei due fa l’istituzionale, l’antagonista
subito s’improvvisa barricadero. Neanche all’epoca della sfida del fuoco tra il
democristiano De Mita e il socialista Craxi (correva l’anno 1983 e il «patto
della staffetta» tra i due naufragò: a Palazzo Chigi andò solo il leader del
Partito socialista), lo scontro nella maggioranza era una lotta continua di
questi livelli. «È grave che la Lega minacci la crisi», accusa Di Maio, che
teme la tresca fra Salvini e Berlusconi. «La crisi di governo è solo nella
testa di Di Maio», gli risponde il leader leghista, che invece paventa trame
fra i Cinque Stelle e il Partito democratico. Come in un matrimonio che
traballa, ma in cui i coniugi capiscono che il divorzio sarebbe sconveniente
(almeno fino al voto europeo del 26 maggio), entrambi denunciano le scappatelle
con più attraenti amori politici a destra oppure a sinistra. Questa permanente
campagna elettorale, alimentata dai sondaggi che danno Salvini con il vento in
poppa, e lui cavalca l’onda, paralizza l’azione del governo nei molti campi
della discordia. E offusca il ruolo di Conte.
22 aprile 2019
13 aprile 2019
La famiglia si aiuta con lo sviluppo
È un bene che si parli della
famiglia, istituzione cardine della nostra società, crocevia di contraddizioni
e di forti cambiamenti. Ma è un male che se ne parli al di fuori di quei
confini dettati dal rispetto reciproco fra posizione contrapposte. Ed è un
grave errore lasciare, un tema così delicato, nelle mani degli opposti
estremismi, anche al di là dei colori politici che possono ispirarli. Per
questo è importante il segnale che arriverà nel week end da Verona e, soprattutto,
dai cortei e le manifestazioni previsti in una città, suo malgrado, blindata.
In piazza deve prevalere il rispetto delle idee diverse, l'affermazione
pacifica delle proprie posizioni e soprattutto dovrà esserci tanto buon senso,
da tutte le parti in causa. Detto questo, però, c'è un aspetto che il Congresso
mondiale della famiglia ha fino ad ora messo in sordina. Subissato dalle
polemiche, molto dure, che hanno avuto come bersaglio i temi etici. E
ignorando, ad esempio, che l'Italia da due trimestri a questa parte, ha smesso
di crescere. Siamo in recessione. L'apparato produttivo ha rallentato il suo
ritmo, gli imprenditori hanno frenato gli investimenti, le banche hanno
ristretto il credito e, sul fronte del mercato del lavoro, assistiamo al ritorno
dei contratti precari. Ma c'è di più: se confrontata con la crisi del 2008 la
situazione è addirittura più grave. Undici anni fa il Paese reale ha potuto
reggere il colpo anche perchè le famiglie erano solide ed hanno funzionato
egregiamente come ammortizzatori sociali. Ora, però, le risorse si sono
esaurite, il Paese è più povero e il tessuto produttivo ha perso per strada il
25% delle sue capacità. Rispetto a questo scenario, forse varrebbe davvero la
pena proporre un supplemento di dibattito a Verona. Fosse anche per chiedersi,
semplicemente, se l'attuale sistema economico sia davvero in grado di sostenere
quelle famiglie, troppe, che ancora non arrivano a fine mese e che non possono
continuare a reggersi solo sulla logica dei sussidi. Provate a chiedere un
mutuo per l'acquisto di una casa portando, in banca, soltanto la dichiarazione
Isee e l'assegno mensile del reddito di cittadinanza. Troppo poco perfino per
ottenere un prestito a un mese. Figuriamoci a vent'anni. Se davvero si vuole
dare una prospettiva ai giovani l'unica risposta è quella della crescita, dello
sviluppo, del rilancio degli investimenti e della creazione di posti di lavoro
veri e non frutto di misure assistenziali. Per salvare l'azienda-famiglia si
deve partire anche dai temi dell'economia e non solo da quelli dell'etica.
Forse si tratta semplicemente, di due facce della stessa medaglia.
@nonnoenio
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