E' di questi giorni la vendita all'asta dei volantini originali emessi dalle Brigate Rosse in occasione e durante il rapimento del leader DC, Aldo Moro. Ciò è bastato per ributtarci in quegli anni terribili che gli italiani si erano affrettati a dimenticare. Resta oggi ancora la domanda su come sia stato possibile che una fetta consistente di un'intera generazione di giovani (studenti, operai, disoccupati, precari) abbia potuto intraprendere il cammino della lotta armata (seppur in modo casereccio, ma con quali, devastanti risultati!), fino all'annientamento di se e del movimento in generale. Dirà poi Oreste Scalzone, leader di Potere Operaio, dal suo esilio parigino: «L'esistenza di un tumulto sociale che noi tentavamo di organizzare, la teorizzazione della lotta armata, anche se diversa dalle Br, compresi rapine e gambizzazioni, erano tutte cose vere». Effettivamente, il 1977, fu un anno di rottura. Esplosero tutte insieme le rivendicazioni sociali nelle fabbriche con gli scioperi e i picchetti davanti ai cancelli per impedire l'ingresso sia degli operai che degli impiegati con le ronde nelle fabbriche per buttar fuori e sbeffeggiare i "crumiri" che erano entrati di nascosto. Cambiavano le forme e le culture della produzione e del lavoro, crescevano l'automazione e l'informatizzazione e centrale divenne la comunicazione. Dalla catena di montaggio si giungeva al postindustriale. Cambiavano i luoghi di aggregazione, le abitudini e l'aspetto dei giovani. Nascevano le radio libere (fra tutte Radio Alice a Bologna e Radio Città Futura a Roma). Si diffondevano i circoli del proletariato giovanile che metteranno in crisi l'etica del lavoro che aveva caratterizzato i movimenti comunisti del '900. Si radicava il rifiuto della logica dei sacrifici e della linea portata avanti dal sindacato (imposta da Luciano Lama al Congresso dell'Eur) e dal Pci. Lo scontro con la sinistra storica si fece aspro e definitivo soprattutto sui temi legati alla legalità, alla difesa delle istituzioni. Personale e politico non erano più rigidamente separati per cui bisogni e desideri acquisivano dignità di proposta politica così come la critica serrata alle gerarchie. Non più il «tutto politico» del '68 ma l'introduzione di elementi di individualismo, di tensione verso un immaginario «benessere» collettivo. Tutto questo fermento, a volte genuinamente «rivoluzionario», si scontrò con esigenze più «frettolose» di chiudere la partita con lo Stato mediante la diffusione generalizzata della pratica armata. Si sa bene come andò. Dopo il convegno sulla repressione in primavera a Bologna che sancì la buona salute (secondo i protagonisti) del movimento, nel settembre, nel corso del secondo convegno, avvenne l'implosione. Il movimento abdicò all'ala più oltranzista. Rimasero in piedi solo le organizzazioni armate. E anche in questo caso sappiamo come proseguì e finì. L'anno successivo, nel 1978, venne rapito Aldo Moro. Lo scontro raggiunse l'acme ma fu anche l'inizio della fine di una stagione drammatica, peculiare in un'Europa da tempo «pacificata».
nonno enio