Il dazio per ripicca è servito. L’Organizzazione mondiale per il commercio, la cui sigla internazionale è Wto, ha deciso che gli Stati Uniti potranno tassare i beni provenienti dall’Unione europea per 7,5 miliardi di dollari. Un’enormità, l’equivalente a 6,8 miliardi di euro. Si tratta della più alta compensazione finora riconosciuta dal Wto per gli aiuti illegali concessi al consorzio aeronautico Airbus. Ma l’occhio per occhio applicato per gli aiuti europei di Stato rischia di avere due conseguenze, una più grave dell’altra. La prima è la penalizzazione di tutte le produzioni strategiche dell’Italia, in particolare, ma non solamente, nel settore agro-alimentare. Il «made in Italy» in America sarebbe destinato a pagare un pesante tributo, letteralmente, per un braccio di ferro politico-commerciale del quale i nostri esportatori non portano alcuna responsabilità. Il primo a doverlo capire deve essere il governo che, negli incontri bilaterali promossi con rappresentanti dell’Amministrazione americana, comincia a rimarcarlo. Gli ultimi ad averlo fatto, e proprio in queste ore, sono stati il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, e il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. Troppo importante è la posta in gioco per non far valere le buone ragioni italiane. «Dopo la Francia l’Italia potrebbe essere il Paese più colpito a pagare il conto più salato», mette in guardia un’allarmante nota della Coldiretti. Un conto calcolato in un miliardo di euro, perché nel mirino dei dazi finirebbero l’enogastronomia (vini, pasta, formaggi, olio), ma pure la moda, i materiali di costruzione, i metalli, le moto e la cosmetica.
04 ottobre 2019
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