L'appetito vien mangiando, recita un vecchio adagio. Pare faccia al caso nostro. Come interpretare diversamente il dibattito in corso, tra manovre economiche annunciate, proposte, ritirate e poi ancora rilanciate, per essere nuovamente ridiscusse e ripresentate? Talvolta mi sorge il dubbio, credo non infondato, che contrariamente a quanto si afferma, dietro il gran trambusto di parole si nasconda un vuoto di pensiero, di visione. Difficile sottrarsi alla sensazione che ci sia chi ci marcia, speculando cinicamente su questioni che richiederebbero ben altra levatura di pensiero e di proposta, se non altro per rispetto verso quanti la crisi la stanno già pagando e per coloro che la pagheranno cara anche nel prossimo futuro. Il cittadino comune non può che rimanere disorientato, sconcertato, di fronte a tanto bailamme. Si ciancia di miliardi da recuperare quasi fossero bruscolini; di debito pubblico da ripianare, come di cosa piovuta improvvisamente dall'alto. E a chi ha fatto lealmente, sempre e soltanto il proprio dovere, non si fornisce alcuna spiegazione, che chiarisca il perché dell'attule situazione. Da giorni ormai siamo bombardati da un unico messaggio: la crisi c'è, è profonda, bisogna stre entro il 3% altrimenti rischiamo il baratro, dobbiamo agire rapidamente e con interventi strutturali in grado di traghettarci... verso dove? A questa domanda pare non esserci risposta. O per lo meno io non riesco a coglerla. I vari, provvedimenti che la mattina sono presentati dal nostro ministro dell'economia, il pomeriggio vengono modificati perchè la UE ce li boccia, per poi essere nuovamente cambiati la sera. Mi pare siano tutti dello stesso segno: fare cassa in modo rapido e sostanzioso. Quasi che l'unico problema risieda nella necessità di dare risposte convincenti ai mercati, alle istituzioni internazionali, ma senza alcun riferimento alla vita concreta delle persone: ai bisogni, alle necessità della gente. Quello che più mi fa arrabbiare, sono i sermoni di quanti, da pulpiti edificati sul tornaconto personale, pontificano di bene comune. Sappiamo bene quanto questo argomento non goda per niente di una definizione condivisa. E allora come uscirne? Forse iniziando con l'ammettere, con onestà e apertamente, che gli interessi in gioco sono davvero tanti, e che ogni parte cerca di tirare acqua al proprio mulino. Sarebbe già un passo avanti notevole. Contribuirebbe, forse, ad aiutare i più sprovveduti ad aprire un po' più gli occhi, a farsi un'idea più realistica dei giochi di potere in atto, rendendosi più autonomi nel giudizio, anche rispetto alle forze politiche alle quali eventualmente si è dato il proprio consenso, magari rinunciando a restar svegli e critici qel tanto da permettere di rimanere cittadini sovrani, anziché semplici sudditi. Verso la politica in generale, a quanto affermano i vari sondaggi d'opinione, i cittadini italiani nutrono sempre meno fiducia; immagino non sempre a torto.
nonnoenio