Onore e merito all'associazione culturale il “Muro”, che ha deliziato e soddisfatto le aspettative e le orecchie di un folto numero di appassionati del jazz nella kermesse che si è svolta a Chieti il 6 il 7 e l’8 Agosto. Portare a Chieti, artisti di livello internazionale, con pochi soldi disponibili a bilancio, è veramente lodevole. Lo spettacolo si svolge a Chieti, caratterizzata tra altri due eventi ugualmente rodati, ma con molte code polemiche, la Settimana Mozartiana e gli Artisti di Strada, fra i tanti meriti ha anche quello di non far “chiacchierare”. Piace a tutti! La manifestazione “Chieti d’Autore”, come espresso dagli organizzatori, vuole mettere in evidenza la città di Chieti, facendo conoscere anche le attrattive della città, come la piazza Umberto1, dove si è svolta la kermesse. La scelta delle tre serate, ha portato tre stili di jazz. Dalla bossanova, al tradizionale New Orleans, per finire con un jazz standard, direi innovativo ed in via di sperimentazione, che con l’inserimento di effetti elettronici, è tutto da scoprire e gustare. Il pubblico, attento - competente- silenzioso, pronto ad applaudire al momento giusto, ha seguito con interesse le tre serate, questo atteggiamento della platea è stato molto gradito dagli artisti che senza difficoltà hanno regalato il bis.
Nella prima serata, svoltasi al teatro Supercinema a causa del tempo piovigginoso, si è esibita Rosalia de Souza nata a Rio de Janeiro il 4 luglio 1966 nel quartiere di Nilopolis famoso per la scuola di samba Beija-Flor. Naturalizzata italiana dove vive dal 1989 e dove ha perfezionato gli studi sulla teoria musicale, percussioni cubane, canto jazz e storia del jazz alla Scuola Popolare di Musica del Testaccio di Roma. Riconosciuta come una delle migliori interpreti della bossanova, contraddistinta anche da un timbro di voce composta e sensuale, coinvolge il pubblico ad una compenetrazione del concerto. Nelle sue canzoni si sofferma all’amore, descrivendola per quante volte bussa alla nostra porta, dall'adolescenza in poi… e quante volte ne restiamo abbagliati. Romantica, riesce anche a commuoversi durante il canto coinvolgendo il pubblico. Certamente non è sfuggito algli spettatori la dedica di una canzone al figlio di sei anni, presente al concerto e sono stato fortunato ad averlo avuto al mio fianco. Ho apprezzato con quanto amore seguiva la madre che cantava, applaudendola, e con quanto intuito, con il movimento del corpo e delle mani, seguiva il ritmo.
Nella seconda serata si è esibito un mito del Jazz, Michele Patruno , detto più comunemente Lino, nato a Crotone, il 27 ottobre 1935 con il suo His Blue Four. E’ un musicista, attore, chitarrista e banjoista italiano, jazzista e co-fondatore del gruppo musicale I Gufi. Si è attorniato di musicisti di gran calibro. Dal sax basso Giancarlo Colangelo, al violinista Mauro Carpi, a Michael Supnick, tromba- cornetta e vocalist, e Clive Riche, vocalist. Le esperienze di Lino Patruno, vanno da quelle jazzistiche in concerto, alla TV, a quelle di attore di cabaret, di teatro e di cinema, da leader di jazz band alla composizione di musiche da film e per il teatro, dal ruolo di sceneggiatore a quello di produttore cinematografico, da organizzatore di festival del jazz a presentatore e regista televisivo. Ogni brano lo ha presentato lui con precisi riferimenti storici, facendo rivivere agli appassionati presenti “oltre gli anta”, le notizie forse dimenticate. Tutto godibile il suo repertorio reso ancora più apprezzato dalla voce di Clive Riche. Clive Riche è nato a Leeds, in Inghilterra nel 1952. Negli anni ’80 abbandonò la sua carriera di avvocato per trasferirsi negli Stati Uniti e perfezionare le sue qualità vocali. Trasferitosi dal Colorado in Italia circa 15 anni fa, si è imposto all'attenzione della critica e del pubblico in infinite manifestazioni musicali a fianco di Lino Patruno, Carlo Loffredo, Renzo Arbore… Si occupa anche di cinema e di televisione in qualità di attore. Clive Riche nel panorama del jazz classico, è l'unico vocalist capace di ricreare le voci, i modi e le inflessioni dei grandi cantanti dell'epoca: da Al Jolson a Rudy Vallee, da Bing Crosby a Smith Ballew, da Seger Ellis a Red McKenzie... Molto travolgente il suo fischiettare melodioso su alcuni brani, che si accompagna ai suoni degli altri strumenti senza nessuna complessità. Riesce con facilità e disinvoltura ad esprime sia le note alte che basse. Alla fine del concerto gli ho chiesto quale preparazione tecnica e musicale adotta per questo “genere di musica” ed alzando gli occhi al cielo mi ha risposto che gli esce naturale, spontaneo e deve ringraziare il padreterno…. Per finire un altro musicista che, pur essendo giovane, insieme al suo trio ci ha offerto un genere di musica tradizionale che con l’ausilio dell’elettronica ci ha fatto vivere una serata gradevole. Fabrizio Bosso nato a Torino, il 5 novembre 1973 è un trombettista italiano. Inizia lo studio della tromba a 5 anni con suo padre, trombettista anche lui. A 15 anni si diploma in tromba presso il conservatorio G. Verdi di Torino. Nel 1990 vince una borsa di studio e frequenta i seminari estivi del S. Mary's College di Washington. Pur essendo giovane, nel 2000 viene consacrato come uno dei migliori trombettisti sulla scena grazie ad innumerevoli partecipazioni in formazioni di prestigio in moltissimi festival nazionali e internazionali. Con il bassista Luca Bulgarelli e la batteria di Amedeo Ariano, hanno presentato al pubblico un repertorio standard reso più godibile perché questi brani sono stati riarrangiati ed eseguiti in chiave moderna con l’ausilio di apparecchiature elettroniche. Non esiste spartito né scaletta. Ci si immette, e gli altri musicisti si intercalano in questo brano con la tecnica e la maestria e l’esperienza. La caratteristica predominante del Trio è l’affiatamento e l’interazione che c’è tra loro, quel continuo scambio di musica ed idee che rende il concerto appassionante e piacevole. Peccato che non ancora hanno inciso questa musica su cassetta.
Luciano Pellegrini