Gli inglesi ormai da un pò fuori dall’Europa, tutti a meravigliarsi, ma questi signori, c'è da chiedersi, sono mai stati europei? Andando in Inghilterra è come se si è fuori dall’Europa, molto peggio che se viaggiassi in un Paese di un altro continente. Cambia propio tutto. Il cibo, la guida delle auto, la precedenza sulle strade, la misura della velocità, la misura del peso, la presa elettrica, le bevande, la conoscenza delle lingue straniere... Tutto, proprio tutto. È un altro mondo. Cambia perfino la storia, voglio dire la storia oggettiva, dell’Europa. Noi ci sediamo a tavola e mangiamo «cultura»: ogni piatto è cibo, sì, ma è anche gusto, eccitazione delle papille, storia, sapienza locale, tradizione. Mangiando, facciamo festa. Gli inglesi, mangiando, si nutrono e basta. Uno scrittore inglese racconta di un nipotino che protestava con la nonna: «Questo cibo non mi piace!», e la nonna gli dà una risposta illuminante: «Il cibo non deve piacere, deve solo nutrire». Se un inglese non mangia una volta in Italia, muore senza aver mai esercitato le sue papille gustative. Per le bevande è la stessa cosa. Quando sali nell’auto di un inglese, io l'ho fatto, sedendomi per abitudine davanti a destra. E loro a chiedermi: «Vuoi guidare?», perché quello per loro è il posto del guidatore. Agli incroci non sai mai chi ha la precedenza. Rischi sempre l’infarto. Se entri in una chiesa anglicana, gli altari sono pieni di cannoni. Loro hanno una chiesa nazionale, che si fa gloria delle glorie militari della nazione, e ha per capo il capo della nazione: il re. Loro sono un grandissimo popolo. Noi europei, a qualunque Stato apparteniamo, negli ultimi 200 anni abbiamo perduto una o più guerre, anche mondiali. Gli inglesi hanno sempre vinto contro tutti. Se noi italiani usciamo dall’Europa è perché l’Europa ci rifiuta. Gli inglesi escono dall’Europa perché loro la rifiutano. Non sono mai stati veramente europei.
20 ottobre 2016
05 ottobre 2016
Chieti - Quale sarà il nostro PIL nel 2017 ?
La storia non è nuova. È da almeno nove anni che l’esecutivo sbaglia a fare previsioni. Se avesse sempre indovinato, il nostro Pil dal 2007 ad oggi sarebbe cresciuto di almeno il 14% in più, il 2% all’anno. Un sogno. E per il 2017 ? Il Def, il Documento di Economia e Finanza, prevede un rotondo 1%. Ma molti autorevoli istituti, dalla Banca d’Italia al Fmi fino all’Ufficio parlamentare del Bilancio, hanno già dichiarato il loro scetticismo e hanno previsto una crescita più contenuta, sia pure di pochi decimali. Gli ennesimi «gufi» renziani, o c’è qualcosa di più? Chi ha ragione? Partiamo da alcuni dati. L’economia mondiale, nella seconda parte dell’anno, ha ridotto i suoi ritmi di crescita. Lo scenario internazionale non promette nulla di buono e proliferano tensioni ed emergenze. Due fra tutte: ripresa del terrorismo e migranti. Non vanno meglio le cose nel Vecchio Continente. Nei prossimi mesi l’Europa sconterà l’effetto Brexit: l’uscita della Gran Bretagna dall’Ue potrebbe costare fino a mezzo punto di Pil. A farne le spese saranno soprattutto i Paesi che esportano di più verso l’Inghilterra, come l’Italia. A questo occorre poi aggiungere almeno altre due variabili negative. Finora la Bce ha sostenuto l’economia inondando i mercati con miliardi di euro. Una pioggia che nei prossimi mesi diminuirà o sparirà del tutto. Con un effetto immediato sui tassi di interesse e, quindi, sugli oneri dei Paesi più indebitati. Il riferimento all’Italia è fortemente voluto. C’è poi da affrontare l’emergenza del credito. Le banche, dopo otto anni di recessione, hanno accumulato centinaia di miliardi di sofferenze. Una situazione che rischia di ridurre fortemente i margini per gli investimenti. E, allora, come mai il governo è così ottimista?
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