19 ottobre 2017

La finanziaria di Gentiloni


Nell'imminenza delle elezioni, Gentiloni e Padoan, il gatto e la volpe, sono stati costretti a fare una legge di bilancio di puro mantenimento. Non c'è stato alcun cedimento alla demagogia elettorale, quando tutti premono per spendere soldi pubblici in modo da soddisfare le richieste più o meno giustificate da parte di corporazioni e sindacati: ma non ci sono nemmeno nuove tasse con cui colpire i «ricchi». In altre parole non ci sono regali, ma nemmeno tasse. I 20 miliardi del valore della manovra sono in larga parte destinati ad evitare un aumento dell'Iva che vale oltre 15 miliardi, mentre altri 2,5 miliardi circa serviranno per rinnovare il contratto del pubblico impiego i cui stipendi sono fermi da otto anni. Per la crescita vera e propria rimane ben poco: un utile incentivo per l’assunzione dei giovani e qualche spicciolo per la proroga degli incentivi per gli investimenti delle imprese. Non è molto per stimolare la crescita. Ma del resto la congiuntura sta andando piuttosto bene e quindi non c'era in realtà bisogno di stimoli molto forti. Casomai è il quadro generale macroeconomico che va tenuto sotto controllo per continuare ad avere credito a tassi bassi. E questo obiettivo viene assicurato dalla riduzione del deficit all’1,6%, mentre il debito per la prima volta mostra una decisa discesa in relazione al Pil. Questa situazione di equilibrio dovrebbe mantenere la calma sui mercati per tutto il lungo periodo elettorale. Ma dopo cosa potrà succedere? Del resto il debito è la vera palla al piede che impedisce alla nostra economia una crescita più robusta. Questo è il momento di puntare con più decisione alla sua riduzione in quanto la crescita non ne risulterebbe danneggiata. In definitiva siamo di fronte ad una legge di bilancio che non danneggia la crescita, ma nemmeno riesce a darle una nuova forte spinta. Questa, del resto, non verrebbe dalla spesa pubblica, ma da una serie di riforme di struttura capaci di migliorare la competitività del nostro sistema. E nell'imminenza delle elezioni il governo non poteva certo impostare complesse riforme strutturali. Tra pochi mesi la parola passerà agli elettori con l’augurio che verrà dato un voto di testa e non di pancia.


12 ottobre 2017

La scuola italiana oggi


Giornali e televisioni annunciano che l'Italia, purtroppo, è molto indietro rispetto alla media europea nella preparazione culturale degli studenti. Senza voler essere in alcun modo polemico, osservo che ai miei tempi l'università era aperta soltanto a coloro che avevano raggiunto la maturità di licei classici e scientifici, i soli che al tempo erano ritenuti capaci di poter dare una preparazione all'altezza e una visione del mondo più ampia. Poi dopo la seconda guerra mondiale, per una benevola e forse giusta concezione ideologica di sinistra, tutte le scuole sono state denominate licei e l'università è stata aperta anche alle professionali più settoriali che, per la loro impostazione minoritaria, difficilmente possono dare una preparazione analoga a quella dei vecchi licei, In contemporanea, nelle scuole elementari e medie per non intristire i fanciulli non si boccia più. Cosicchè i ragazzi non vengono più sollecitati a impegnarsi nella loro preparazione, non fanno più una gara tra loro, non viene insegnato come studiare, non hanno più un corretto rispetto per gli insegnanti e spesso non sanno scrivere in un italiano corretto. La maturità non costringe più ad avere una preparazione globale data da professori di materie difficili. Al tempo dei "clerici vagantes", e fino all'ultimo dopoguerra, per entrare in un ateneo si doveva sottostare ad una iniziazione particolare, ora ai laureati si permette di cantare una canzone di pessimo gusto. Occorre forse ritornare ad una maggiore severità e compostezza, come osservava il mio antico professore di scienze che magnificava la migliore e più profonda preparazione data dalle scuole mitteleuropee - in particolare la Boemia, da cui proveniva e dove nelle lezioni liceali ci si esprimeva anche in latino - rispetto a quelle italiane. E sopratutto ripensare a una accurata, anche se fonte di sofferenze, selezione degli studenti per una più significativa preparazione a tutti i livelli.