Non
risparmia nessuno l’esercito di bandiere verdi che ha invaso il centro di
Milano. Insulti, slogan, battute al vetriolo. E tanti, tantissimi fischi. Anche
verso Papa Francesco, «colpevole» di aver chiesto meno morti nel Mediterraneo
nel giorno dell’ennesimo braccio di ferro sui migranti, con la Sea Watch
bloccata al largo di Lampedusa. Eppure il comandante dell’esercito
«sovranista», il vicepremier Matteo Salvini, si è presentato al suo popolo con
il Rosario fra le mani e citando la Madonna. Nessuna sorpresa. C’è tutto e il
suo contrario in questo finale di campagna elettorale sul fronte dei cosiddetti
«sovranisti» e anti-europeisti, tenuti insieme più dalla pancia che dalla
testa. C’è un dato sul quale, però, occorre riflettere. Nessuno parla più di
«piani B» o di uscita dall’euro: la lezione che arriva dall’Inghilterra è stata
sufficiente a far cambiare idea anche agli irriducibili nostalgici della
vecchia lira. Il 70% degli italiani, raccontano gli ultimi sondaggi, ha i piedi
saldamente piantati nell’amato-odiato Vecchio Continente. Lo abbiamo capito
molto bene anche nello scontro di qualche mese fa sulla Finanziaria, con i due
partiti della maggioranza che hanno dovuto imboccare la retromarcia dopo aver
chiesto a Bruxelles di portare il deficit a ridosso del 3%. E allora? Il
rischio vero, nell’ultimo giro di boa della campagna elettorale, è di perdere
definitivamente la bussola e di far finire tutto nel tritacarne del «populismo»
perfino il Papa. Eppure, gli stessi partiti che oggi se le danno di santa
ragione, sanno bene che fra una settimana, le urne saranno finalmente chiuse e
gli slogan lasceranno il posto alla cruda realtà dei numeri. Quella di un Paese
che non ha mai superato la sindrome dello «zero virgola», che viaggia
perennemente in bilico sul sentiero della recessione e che avrebbe bisogno di
meno debito e più crescita per voltare pagina. Sono le preoccupazioni espresse
ieri dal leader della Confindustria, Vincenzo Boccia, che ha ribadito (se mai
ce ne fosse bisogno) soprattutto un concetto: mai e poi mai i nostri alleati ci
consentiranno di sforare la fatidica soglia del 3% di deficit. Prima ancora che
da Bruxelles, infatti, saremmo puniti dai mercati (provare a leggere, per
credere, le evoluzioni dello spread dell’ultima settimana).