Con quel buonsenso che anche in politica le donne
mostrano di saper coltivare meglio di tanti uomini, ci voleva lei, Madame
Nathalie Loiseau, ministro degli Affari europei francesi, per cogliere la
verità sull’irritante e continua polemica fra rappresentanti dei governi di
Roma e di Parigi: «Non vogliamo giocare al concorso di chi è più stupido. Con
l’Italia abbiamo molte cose da fare e vogliamo continuare a farle». Fine delle
trasmissioni e, si spera, delle incomprensioni. D’un tratto sono così diventate
«insignificanti» le dichiarazioni di Di Maio e di Salvini sulla Francia
neo-colonizzatrice economica in Africa, che avevano portato alla convocazione
del nostro ambasciatore presso il ministero degli Esteri parigino. Dichiarazioni,
peraltro, sempre precedute e accompagnate nel tempo da leziose e non meno
ideologiche battute da parte di Emmanuel Macron o di commissari alla Pierre
Moscovici contro il governo gialloverde in Italia. Un botta e risposta
pre-elettorale per tutti, ma tra politici di nazioni sorelle. «I francesi sono
degli italiani tristi; gli italiani, all’opposto, sono dei francesi di buon
umore», amava dire il poeta Jean Cocteau. L’interesse e il destino condivisi da
Italia e Francia non può essere ridotto né compromesso dalle sparate dei loro
ministri e candidati in vista del voto di maggio per rafforzare oppure
contrastare il populismo in ascesa, cioè la nuova scommessa per l’intera Unione
europea. Perché le campagne elettorali finiscono, ma il rapporto storico,
culturale ed economico fra i due principali Stati dell’Unione dopo la Germania,
continua. Bastino tre nomi- Fincantieri, Alitalia e Tav- per ricordare anche la
portata delle sfide che ci legano, a parte l’aspetto artistico, culinario,
della moda, della ricerca nello spazio e la simpatia dei tanti ragazzi,
lavoratori, professionisti che fanno la spola tra Roma e Parigi
25 gennaio 2019
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