02 luglio 2015

Caro nipotino ti scrivo


Caro nipotino mio dolcissimo. Sei ancora molto piccolo, ma ho deciso di scriverti questa lettera perché quando sarai più grande potrai capire le ragioni per cui l’Italia si trova nelle condizioni che stai vivendo. Siamo nel terzo millenio, il mondo è attraversato da guerre e cambiamenti epocali. Tutto quello per cui hanno vissuto i vostri nonni, mio padre e mia madre, sta andando in frantumi, siamo nel pieno del declino dell’Occidente. Oggi sta accadendo qualcosa che è destinato a cambiare il futuro. Voglio raccontartelo. L’Italia è in costante pericolo, abbiamo un debito pubblico enorme che già pesa sulle tue esili spalle, abbiamo bisogno di riforme che mettano le nuove generazioni - te e tutti quelli come te - al riparo dalla bancarotta e in grado di essere migliori di noi. Per farlo servirebbe una classe dirigente forte, coraggiosa, giusta. Purtroppo questa oggi non lo è. Il Parlamento, espressione di quella conquista che è la democrazia, è diviso, frantumato, sordo e cieco. Le opposte fazioni si sono spartite il vostro futuro e hanno deciso che la soluzione del problema passa attraverso una politica economica e sociale dove lo Stato decide tutto, controlla tutto e tassa tutto. Le rivolte che fecero nascere le democrazie furono contro l'oppressione fiscale. Le monarchie crollarono, le colonie inglesi d’America si ribellarono alle gabelle del re. Ottenendo la libertà. Secoli dopo, nel 2015, è stato deciso che il conto del debito italiano lo deve pagare un gruppo di cittadini onesti che dichiara sempre i propri redditi e versa le tasse. Un grande italiano del Novecento, Prezzolini, direbbe che sono i fessi che pagano per i furbi. Ora ci hanno chiesto altri sacrifici, lo chiamano contributo di solidarietà, e pagheremo ancora di più: due miliardi e mezzo di euro in due anni. Siamo patrioti, lavoriamo sodo, siamo creativi, amiamo l’intelligenza, vogliamo lasciare una testimonianza del nostro passaggio sulla terra. Molti, come tuo nonno , vengono dal nulla, hanno studiato, sofferto, accettato il rischio, viaggiato, cambiato tanti posti di lavoro, messo a frutto il talento. Lo Stato ha deciso che tutto questo non va esaltato, ma punito, tassato e chiuso in un recinto di mediocrità. Cari bambini, volevo dirvelo, non è questa l’Italia che ho sognato per voi.

@nonnoenio

3 commenti:

  1. Lettera che potrebbe scrivere anche mio papà al suo unico nipote. Toccante e purtroppo vera.

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  2. Belle parole, molto giuste... Penso a mio nonno, a quando, amministratore delegato di una ditta, a Roma già ai suoi tempi (anni 70) era soprannominato l'austroungarico perchè non aveva mai voluto saperne di politica e corruzione. E l'azienda andava bene. Se vedesse come siamo ridotti ora non so nemmeno se ci crederebbe...

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  3. giusto non era nemmeno questa l'italia che vorrei lasciare anch'io

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