12 ottobre 2017

La scuola italiana oggi


Giornali e televisioni annunciano che l'Italia, purtroppo, è molto indietro rispetto alla media europea nella preparazione culturale degli studenti. Senza voler essere in alcun modo polemico, osservo che ai miei tempi l'università era aperta soltanto a coloro che avevano raggiunto la maturità di licei classici e scientifici, i soli che al tempo erano ritenuti capaci di poter dare una preparazione all'altezza e una visione del mondo più ampia. Poi dopo la seconda guerra mondiale, per una benevola e forse giusta concezione ideologica di sinistra, tutte le scuole sono state denominate licei e l'università è stata aperta anche alle professionali più settoriali che, per la loro impostazione minoritaria, difficilmente possono dare una preparazione analoga a quella dei vecchi licei, In contemporanea, nelle scuole elementari e medie per non intristire i fanciulli non si boccia più. Cosicchè i ragazzi non vengono più sollecitati a impegnarsi nella loro preparazione, non fanno più una gara tra loro, non viene insegnato come studiare, non hanno più un corretto rispetto per gli insegnanti e spesso non sanno scrivere in un italiano corretto. La maturità non costringe più ad avere una preparazione globale data da professori di materie difficili. Al tempo dei "clerici vagantes", e fino all'ultimo dopoguerra, per entrare in un ateneo si doveva sottostare ad una iniziazione particolare, ora ai laureati si permette di cantare una canzone di pessimo gusto. Occorre forse ritornare ad una maggiore severità e compostezza, come osservava il mio antico professore di scienze che magnificava la migliore e più profonda preparazione data dalle scuole mitteleuropee - in particolare la Boemia, da cui proveniva e dove nelle lezioni liceali ci si esprimeva anche in latino - rispetto a quelle italiane. E sopratutto ripensare a una accurata, anche se fonte di sofferenze, selezione degli studenti per una più significativa preparazione a tutti i livelli.

10 commenti:

  1. Mi trovo in totale disaccordo con le conclusioni del tuo post. Devo dire poi, che leggere di "selezione" mi fa venire i brividi, in quanto la memoria rimanda a ben altre vicende che hanno caratterizzato la storia dell'umanità. Lasciamo perdere i richiami ideologici e proviamo, una volta tanto, a osservare le cose con occhi sgombri da ogni velo. L'università deve essere accessibile a tutti per una questione di giustizia sociale. Punto. Saranno eventualmente le singole capacità degli studenti a mettere ordine, a redigere una graduatoria tra chi ce la fa e chi no. Concentriamoci piuttosto sulla qualità del nostro sistema scolastico, lavoriamo affinchè possa aiutare a preparare una società migliore da un punto di vista intellettuale ma pure umano. Finiamola inoltre di buttare tutto in un unico calderone evitando di fare giuste le distinzioni. La scuola italiana zoppica, e anche vistosamente, ma è composta da bravi insegnanti - e sono la maggior parte - che lavorano con passione e professionalità, provando ad abbattere gli atavici pregiudizi che minano la credibilità agli occhi delle famiglie. Vanno solo messi nelle condizioni di poter svolgere la professione in maniera dignitosa. Lo meritano perchè hanno tra le mani il futuro del nostro bistrattato paese.

    RispondiElimina
  2. Ci sono classi, specie negli istituti professionali, composte anche da più di 30 studenti, con differenze significative anche all'interno dello stesso istituto. Un numero esorbitante, senza distinzioni tra Nord e Sud, che - a prescindere dalla qualità dei singoli docenti - pone un serio interrogativo sulla qualità didattica. Il problema ha cause antiche, non ultimo nel 2010 il taglio lineare di 85 mila insegnanti di ruolo. C'è spesso, a spiegare un fenomeno che ha pesanti ricadute sulla qualità didattica, l'uso delle deroghe numeriche da parte dei singoli istituti che consentono di ovviare al problema del sovraffollamento. Il problema si verifica più frequentemente nelle prime classi, quando al numero standard per classe stabilito a giugno, dopo le preiscrizioni, si aggiungono gli alunni bocciati iscritti l'anno prima che a giugno, all'ora della formazione delle classi, non è possibile prevedere. Oltre all'inserimento di nuovo personale docente (come intende fare il governo) sarebbe necessario un coordinamento tra provveditorati, ministero e istituti che al momento è carente

    RispondiElimina
  3. che strano, nun c'avevo fatto caso, oggi i bambini delle elementari vanno a scuola con uno zaino che pesa almeno dodici chili sulle spalle, quando che invece noi avevamo il sussidiario ed il libro della lettura buoni per i 5 anni, poi un quaderno a righe ed uno a quadretti

    RispondiElimina
    Risposte
    1. a questo fenomeno si può ovviare dotando i ragazzini di una cartella tipo "valigia" con le ruote e garla diventare un trollei

      Elimina
  4. La nostra società è cambiata, e con essa, anche i criteri di insegnamento e l'apertura a tutti dell'accesso all'università. Credo che per il buon andamento della scuola, occorra una seria partecipazione, da parte delle famiglie consone nel dare la giusta importanza alla cultura dei loro figli, così che essi si preparino in modo adeguato e affrontino seriamente l'intero ciclo di studi.
    Un caro saluto, Enio, silvia

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Le famiglie dovrebbero sapere che spesso ci sono classi “scoperte” perché l'innalzamento dell'orario di lavoro da 16 a 18 ore frontali - in sé né positivo né negativo - ha avuto il paradossale effetto di svuotare le due-tre ore libere settimanali dei docenti che prima venivano utilizzate per coprire i vuoti improvvisi d'organico, legate a malattie o altri episodi difficilmente prevedibili. La conseguenza è stata un incremento notevole del fenomeno del cosiddetto badantato, dove le ore scolastiche vengono coperte sempre più da personale non docente (tecnici scolastici). È un fenomeno ben più diffuso di quanto si creda che spesso comporta anche rischi per la sicurezza.

      Elimina
  5. Ciao Enio. Credo che tu stia confondendo causa con effetto. Sono fra i più accesi critici degli attuali "giovani" ma se gli stessi sono degli emeriti ignoranti, prima di tutto devono ringraziare babbo e mamma e i loro sistemi educativi (e potrei scrivere per ore sui "modelli" educativi dei moderni genitori), poi quella parte di politica che ha smontato pezzo a pezzo la scuola pubblica e, infine, gli "esimi" nostri rappresentanti istituzionali che sostengono che la "cultura" non si mangia!

    Questo per dire i giovani d'oggi sono volutamente "mantenuti" in quella condizione cui tu accenni perché, da adulti (e ingnoranti), saranno molto più mansueti (popolo bue!).

    Se già oggi abbiamo un buon 40% di analfabetismo funzionale diffuso per il Paese mentre aumenta il numero degli analfabeti totali, vuol dire che il problema viene da molto più lontano, anche da quei tempi in cui c'era più "selezione"!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Un altro dei problemi sono l'uso indiscriminato dei PRECARI. Ci sono 400 mila precari nella scuola italiana, tra cui quelli che fanno due ore al mese magari solo per avanzare in graduatoria. Ma sono 180 mila quelli "diversamente stabili", cioé stabilmente occupati ma senza contratto a tempo indeterminato, che vengono licenziati ogni anno il 30 giugno, per poi essere riassunti nel settembre successivo. È a costoro che si rivolge il piano Renzi. La moltiplicazione del precariato ha profondamente inciso sulla qualità didattica. Soprattutto perché i docenti precari ogni anno sono costretti a cambiare istituto e classe senza fornire alcuna continuità agli alunni. È un problema molto diffuso, quello del precariato nelle scuole, un problema che le statistiche medie - che parlano solo del 13 per cento di personale non di ruolo - non fotografano: ci sono centinaia di classi, anche all'interno dello stesso istituto, dove - se il precario è l'insegnante di una materia principe come italiano o matematica - la media s'innalza spaventosamente, fino al 90%. Ne risente ovviamente la stabilità didattica e la possibilità di seguire progetti. Spesso poi i precari sono i tecnici o le segretarie, un problema che almeno per ora il piano Renzi non affronta: specie in quest'ultimo caso la mancanza di una figura che abbia memoria amministrativa del singolo istituto produce gravi ripercussioni anche sul rapporto coi genitori e con gli alunni, più in generale con la macchina scolastica. Il problema del precariato - e dei tagli - ha riflessi anche sulle figure apicali, con presidi costretti a due-tre reggenze contemporaneamente in istituti diversi. Come fanno a seguire bene le scuole che hanno in gestione?

      Elimina
  6. si può parlare di selezione se c'è una reale possibilità di accesso a tutti all'istruzione.
    Al momento la situazione non mi sembra tale, mi sembra_di essere tornata al 68 quando si manifestava per il diritto allo studio. Ne abbiamo fatta di strada all'indietro. E comunque quoto Carlo

    RispondiElimina
  7. le scuole italiane non sono più sicure. Il 37% degli edifici scolastici si trova in aree ad alto rischio sismico e il 9,6% a elevato rischio idrogeologico. Delle 24.073 scuole localizzate in aree ad alto rischio sismico 4.894 si trovano in Sicilia, 4.872 si trovano in Campania, 3.199 in Calabria. Come stanno procedendo i lavori?

    RispondiElimina