09 settembre 2010

Guccini, o del vino vecchio

Siamo andati a Grado, città che ha visto la giovinezza di mia moglie, quì ha passato diversi anni, trasferendosi poi a 18 anni. Arriviamo il 3 di giugno e fà discretamente caldo, siamo andati a trovare certi nostri parenti e ci fermeremo una quindicina di giorni. C'è anche il concerto di Guccini e noi abbiamo comperato i biglietti. Noi siamo affezzionatissimi alla sua musica anche se si sente spesso dire in giro che non è da un concerto di Guccini che ci si può aspettare qualcosa di nuovo e lui, nella serata del 7, lo mette subito in chiaro. A scanso di equivoci. Francesco si presenta con i soliti musicisti: Juan Carlos "Flaco" Biondini, Ellade Bandini, Vince Tempera, Roberto Manuzzi, Antonio Marangolo e Pierluigi Mingotti. Entra sul palco, fa sedere il pubblico, e attacca con "Canzone per un’amica". Finirà due ore e mezza più tardi con "La locomotiva". Come sempre. In mezzo una vasta selezione di canzoni e un po’ di intrattenimento e gag. Il Maestrone viaggia leggero senza tanti fronzoli sulle ali delle canzoni e del sogno. Il pubblico numerosissimo (4.500 i biglietti venduti per un tutto esaurito) gradisce e rimane estasiato dalla sua melodia che acompagna intelligentisime parole. Canta "L’isola non trovata" che "appare, a volte, avvolta di foschia, magica e bella, ma se il pilota avanza su mari misteriosi è già volata via". Il tema è quello dell’intuizione di un momento che poi svanisce, un argomento ricorrente nell’opera del cantautore emiliano. Verrà ripreso anche più tardi con "La canzone della bambina portoghese", introdotta parlando di Cabo do Roca in Portogallo, il punto più a occidente del continente europeo. Il poeta Camões nei "Lusiadi" lo definì come il luogo "onde a terra se acaba e o mar começa" (dove la terra finisce e il mare comincia). Il mare è qui il simbolo di ciò che è sconosciuto. La bambina in piedi di fronte all’Atlantico immenso per un attimo coglie qualcosa del mistero, come se questo fosse illuminato da un lampo, poi il caldo l’avvolge e la domanda resta irrisolta. E ci si ferma all’interrogativo anche nella "Signora Bovary", dove in fondo alla notte non c’è una risposta ma un lungo assolo di sassofono. Guccini nel suo concerto non parla solo di mistero e intuizioni. C’è "Quello che non", "Una canzone" e una versione tirata dell’apocalittica "Noi non ci saremo" che dedica ad Augusto Daolio che fu il primo a cantarla. Segue poi una carrellata di canzoni d’amore che rappresentano vari sguardi che il cantautore ha dato a questo sentimento. Le domande e i dubbi dell’amore con "La canzone delle domande consuete", un amore amore-amicizia che riaffiora dal passato con "Incontro", la magia dell’innamoramento con "Vorrei", la fine di un amore giovanile con "Farewell". Due ragazzi del pubblico si baciano. Francesco li vede e chiede divertito un applauso. Il tema cambia e si fa un salto indietro nel tempo. Si torna all’epoca delle balere. Pare che tutti i musicisti sul palco siano passati da quella scuola e vi abbiano suonato in gruppi dai nomi improbabili e buffi. Francesco racconta aneddoti di quel periodo, canta divertito "Guarda che luna" di Buscaglione e poi abbozza un vecchio tango. Ma al passato si torna non solo per scherzare ma pure per ricordare un episodio della Resistenza, contro il revisionismo di chi oggi cerca di distorcere la storia e di mettere sullo stesso piano repubblichini e partigiani. "Su in collina" è una canzone inedita scritta da Guccini traducendo una poesia dialettale bolognese e musicata da Biondini. Il finale è tutta una tirata. Con "Cirano" il pubblico della platea si alza in piedi, canta e applaude. Seguono "Auschwitz", "Il vecchio e il bambino", "Eskimo", "Dio è morto". L’ultima, come si diceva, è "La locomotiva". Si diceva appunto che non era da questo concerto che ci si poteva aspettare qualcosa di nuovo. Dirlo è quasi diventato un luogo comune, ma forse è proprio questo che affascina tanto e richiama tante persone. Qualcosa che ha a che fare con la coerenza. Di questi tempi non è poco. Guccini fa venire in mente il buon vino che magari invecchiando non migliora ma sicuramente non diventa l’aceto che abbiamo visto nelle botti (piccole, bolognesi e con il parrucchino).



6 commenti:

  1. bellissimo post nonno, grazie! anch'io ne scrissi diversi del genere quando il newsgroup it.fan.guccini era attivo (ricordo quello a bellinzona, quelli a milano, quello a firenze, di cui scrissi, ma anche due a chieti, anzi tre - uno quando avevo 20 anni, tantissimi anni fa, uno a napoli, uno a catanzaro, e molti altri), ed era sempre una bella emozione raccontare un concerto di guccini.
    io l'ho visto a napoli qualche mese fa, e una delle cose più belle è stato vedere quanti giovani ragazzini impazzivano per lui! poi, con piacere, notai che ha ricominciato a schierarsi, e la cosa mi era piaciuta molto.
    a presto, ciao e grazie per il racconto
    nico

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  2. Ricordo di essere andata ad un suo concerto parecchi anni. Il pubblico era letteralmente rapito dalla sua musica. Immagino abbia ancora la stessa grinta

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  3. Proprio come dici te con la tua frase finale:"fa venire in mente il buon vino..."

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  4. Non ho mai seguito Guccini, anche se conosco alcune sue canzoni.

    Buon week end!

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  5. Ho visto un solo concerto di Guccini: parco della Padula a Carrara, 26 luglio 1989. Io poco più che 18enne, fresca fresca di maturità e un fidanzato di Biella, Luca, che mi piaceva tanto.

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  6. Grazie per questo viaggio gucciniano, ogni volte che viene a Genova mi siedo davanti a lui e mi sembra che la speranza aumenti davvero, sarà poco ma oggi per me credo che voglia dire tanto
    un saluto

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