15 settembre 2011

Colonia e Olio di fegato di merluzzo


Nonostante sia difficile imbattersi, oggi, in situazioni di carenze nutrizionali gravi, per le quali l'olio di fegato di merluzzo era una delle indicazioni obbligate, va detto che la validità di questo prezioso elemento nutritivo non è venuta meno. A mia madre, ottantaseenne, a causa di una perdita di peso eccessiva, questa estate è stato prescritto, dal suo medico curante insieme alle solite vitamine, un simile medicamento. Facendo alcune ricerche su Internet ci si accorge di quanto mirata è stata una simile prescrizione da parte di quel medico curante. Si scopre pertanto che la vitamina A, ha rilevanti effetti sull'accrescimento corporeo, sui meccanismi della vista, sull'invecchiamento e sui danni da radiazioni e radicali liberi. La vitamina D, favorisce l'assorbimento di calcio e fosforo. Interviene infatti nei processi della crescita contribuendo al rinnovamento delle cellule; rende acuta la vista e mantiene sani capelli, unghie, pelle, ossa. L'olio di fegato di merluzzo è apprezzato per la soluzione delle infezioni polmonari. È un buon integratore di fosforo, iodio, sodio e vanadio, zolfo, vitamina K, vitamina D ed A, tale da renderlo, anche oggi, un prodotto insostituibile per i bambini e gli anziani. C'era l'abuso dell'olio di fegato di merluzzo e ci furono le colonie. Il primo per combattere il rachitismo, le seconde per rinforzare la gracilità costituzionale e contrastare le affezioni ipertiroidee. Due "cure" che, negli anni Cinquanta del XX secolo, andarono a braccetto per i ricordi e le smorfie di coloro i quali ne fecero esperienza. L'olio di fegato di merluzzo veniva venduto allo "spaccio" in bidoni di latta o alla Farmacia Spatocco in confezioni più piccole, quella emulsionata. Si andava allo "spaccio" con una bottiglia di vetro, di quelle verdi scure forse per ingannare la vista dei bambini che a quella "cura" puzzolente hanno sempre tentato di sfuggire come alla peste. Anni dopo, in farmacia, arrivò l'emulsione di dell'olio di fegato, di colore biancastro e meno fetida dell'originale. Del resto, quella dell'olio - in questo caso di ricino - fu una cura che terrorizzò frotte di bambini. Bastava un mal di pancia qualsiasi e subito, dall'armadietto, saltava fuori una boccetta di liquido denso e trasparente che faceva pentire i più avveduti di non aver taciuto l'indisposizione alla mamma. Poi, per fortuna dei pargoli, i medici dissero che l'olio di ricino era pericoloso perché il mal di pancia poteva essere causato dall'appendicite. Insomma, piano piano fu accantonato. Così come non si usarono più i vermifughi. Forse perché, aumentata l'igiene dei bambini, anche i "vermi" se n'erano fuggiti. Hanno resistito a lungo, invece, le colonie marine. In particolare, quella della POA (Pontificia opera di assistenza), poi Oda (Opera diocesana assistenza), infine Caritas diocesana, a Francavilla al Mare, 20 km da Chieti, che si raggiungeva con l'autobus blu di linea della Majella, quello col muso enorme davanti che conteneva il motore, che percorreva arrancando il vecchio itinerario, quello che passava davanti a Villa Obletter. Il reclutamento per la colonia avveniva tramite le parrocchie. A primavera i piccoli erano iscritti ad un soggiorno marino di tre settimane. Finita la seconda elementare si poteva far parte della brigata. Le mamme provvedevano a cucire sui capi di biancheria una sigla ed un numero, la "zia Maria", la magliaia del paese, aveva il suo bel daffare a confezionare il costume da bagno per alcune decine di bambini. Un paio di "braghette" che al primo ingresso in mare s'allungavano fino alle ginocchia poiché la lana bagnata diventava pesante. Se poi accadeva (ed accadde) che si sfilasse l'elastico che faceva da supporto, il malcapitato si trovava dentro l'acqua... in mutande, cioè ignudo. Più che al soggiorno marino, l'eccitazione di noi bambini era legata al viaggio. Per molti il primo della loro vita. Su quel viaggio fiorivano leggende e racconti sussurrati dai "veterani" che vantavano "esperienza". Nel giorno stabilito dal "turno", si raggiungeva Piazza San Giustino, accompagnati dalla mamma, con una valigia piccola che, data la statura dei portatori, pareva un baule. Sui muri che delimitavano la piazza, c'erano grandi cartelli con un numero. Ad ognuno corrispondeva un gruppo. Tutti in fila e tutti buoni - questa almeno la raccomandazione - si doveva aspettare che arrivasse la corriera per poter salire e intraprendere quel viaggio verso il mare, tanto atteso quanto favoleggiato. Il viaggio non finiva mai. I "veterani" toglievano dalla tasca un'elica di legno, intagliata pazientemente, nel corso dell'inverno, con il coltellino. Vi infilavano un fil di ferro, adocchiavano che non vi fosse in giro l'assistente, abbassavano leggermente il finestrino e restavano estasiati ad osservare l'elica che ruotava sempre più forte a misura della velocità dell'aria mossa dalla corriera in corsa. Alle 10 circa, dopo 2 ore di viaggio, noi bambini eravamo davanti alla colonia. La nostalgia, a quel punto, aveva il sopravvento sulla stanchezza. Riprendevano le lacrime della partenza, subito ricacciate in gola dalle premure delle assistenti o dai giochi di prestigio di quel prete, dai capelli già bianchi (nonostante la giovane età), che fu per molti un amico anche nell'età adulta. "Don Tullio" (il cognome lo si seppe più tardi) fu l'emblema della colonia . Certo, era un "prete da messa", nel senso che tutte le sere, prima di cena, sul grande piazzale che separava la mensa dalle camerate, diceva messa. Ma diceva anche molte altre cose. Raccontava, da par suo, aneddoti o "storie" che parevano vere ed intratteneva i piccoli estasiati con quei giochi di prestigio che lo resero amato ed amabile. Don Tullio mori il 20 gennaio 1969, non ancora settantenne. Dopo di lui, per la colonia cominciò un lento, progressivo, declino. Complice, probabilmente, il calo demografico che coincise con un mutamento di costume, con le vacanze al mare divenute fenomeno comune dell'intera famiglia.

nonno enio

3 commenti:

  1. Bellissimi ricordi, caro Enio.
    Ricordo mio padre che tornava a casa con questa bottiglia scura con un liquido bianco all'interno.
    Lo acquistava presso l'ospedale militare alla villa comunale.
    Lì i prezzi erano molto più bassi.
    Ogni mattina dovevo " ingoiare" un cuchiaio da minestra...che fatica per il " puzzo..."di questo sciroppo.
    Ma che bene mi ha fatto!Altri tempi.Oggi..gli yogurt-i chips-i latti...-le merendine.
    Sono contento di essere nato e cresciuto in una ALTRA ERA.Eppure non sto parlando di tanti anni fa. Eppure c'è un abisso.

    Luciano Pellegrini

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  2. Mio suocero lo prende come cura di mantenimento e devo dire che a 76 anni lavora nell'orrto che sembra un trentenne.Non nei week end perché porta in giro la fidanzata. Insomma mi sa che l'olio fa bene!

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  3. @Sara
    la mia mamma ha 86 anni suonati e tranne questo problemino del peso li porta benissimo ed è autosufficiente in tutto e per tutto. Ho scoperto che il peso è una conseguenza diretta del mangiar poco e poca carne, la pigrona per non mettere la "colla", come lo chiama lei, alla dentiera di sotto... si nutre solo con brodini.

    @Luciano
    la nostra generazione ha "vissuto" veramente gli eventi della storia: lo sputnik,le manifestazioni pacifiste contro la guerra nel Vietnam,il pericolo delle brigate rosse, la riscossa della classe operaia con i sindacati i consigli di fabbrica e lo statuto dei lavoratori... non ci siamo proprio annoiati. Oltre all'olio di fegato di merluzzo io dovevo fare, ordine del medico, delle serie di punture di "calcio" per rinforzare il fisico... allora c'era poca carne anche se abitavamo in campagna e quella che c'era polli, maiale veniva venduta...

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