30 marzo 2017

Chieti - Di Meo Gabriele un uomo, un grande poeta

Ieri sono stato a tagliarmi i capelli da Gabriele, il barbiere che sta su alla curva della Legione dei Carabinieri. Vi scrivo queste poche righe perché l'emozione mi ha catturato nel rivedere quest'uomo, raro e di un talento illuminato, dal carattere schivo, ma pieno di quella dolcezza che è solo dei grandi. Di Meo Gabriele oltre che barbiere da una vita è anche un poeta affermato. Non sto qui ad elencarvi i premi vinti negli anni, lui è anche un pittore. Un uomo umile dicevo ma ad ascoltarlo ci si accorge che è un intellettuale lucido e meraviglioso. Del maestro Di Meo parlo ma sopratutto di Gabriele,perché è un uomo buono, un mio amico. E' , come dicevo, un uomo grande, senza retorica, un signore insomma; un uomo d'altri tempi, nel significato migliore. Ieri, nell'attesa di clienti da accudire, l'ho trovato seduto sulla poltrona del suo negozio che componeva buttando giù versi che andranno presto a riempire la sua seconda raccolta di poesie, novecento cinquanta, che uscirà in questi prossimi mesi

 L'infinito

anima senza corpo
riprende
la sua rotta
nel manovrar
l'ipotesi
scopre l'infinito

L'essere assiderao

Sole di dicembre
non hai più potere
per aiutar
chi piange
quell'essere
assiderato


La dolce lirica

la mia
semplice vita
si elogia
e si compiace
per rassodar
chi canta
la mia
dolce lirica
si elogia

@nonnoenio

23 marzo 2017

Chieti - Forzati del lavoro e Baby pensionati


Da un eccesso all’altro. Siamo stati per anni il regno dei baby-pensionati. Stiamo diventando il Paese dove l’età della pensione si allontana sempre di più. Negli anni Ottanta erano sufficienti, per una mamma lavoratrice, 14 anni, sei mesi e un giorno per appendere al chiodo l’abito da lavoro e ricevere l’assegno dell’Inps. Oggi, per raggiungere la stessa meta, occorre sgobbare almeno fino a 65 anni e 7 mesi per le dipendenti e oltre 66 anni per le lavoratrici autonome. E, per gli uomini, il traguardo è ancora più lontano. L’unico a sorridere, naturalmente, è il presidente dell’Inps, Tito Boeri, che anno dopo anno, risparmierà un bel po’ di miliardi. Una buona notizia per i bilanci dell’istituto, che non hanno mai navigato in acque tranquille.

Il crollo dei trattamenti previdenziali registrato nel primo trimestre di quest’anno è dovuto all’effetto combinato della riforma Fornero (che ha innalzato l’età pensionabile) e dell’aumento dell’aspettativa di vita degli italiani. Ora, però, la situazione rischia di diventare sempre più pesante. Infatti, sempre secondo le proiezioni dell’Inps, senza correttivi immediati, la generazione degli anni Ottanta, proprio quella che ha visto i propri genitori lasciare il lavoro poco più che quarantenni, potrebbe essere costretta a lavorare almeno fino a 75 anni. Per un assegno che, tra l’altro, per effetto dell’entrata a pieno regime del sistema contributivo (il metodo che tiene conto solo dei contributi effettivamente versati) e della crisi economica (che ha tenuto lontano dal mercato del lavoro un’intera generazione) sarà sempre più esiguo, condannando i lavoratori a pensioni da fame. Ma non basta. L’innalzamento repentino dell’età pensionabile ha anche un’altra conseguenza non meno importante: non favorisce quel turn over generazionale necessario per assicurare un futuro lavorativo (e quindi anche previdenziale) ai giovani. Una contraddizione sottolineata dallo stesso Boeri


E che ha spinto il ministro del Welfare, Giuliano Poletti, ad aprire un tavolo con i sindacati per studiare forme di uscita più flessibili. Il confronto è appena agli inizi e deve fare i conti con la necessità di evitare un nuovo deragliamento dei conti pubblici. Ma i dati diffusi ieri lasciano chiaramente capire che il tempo a disposizione per correggere le evidenti distorsioni del sistema si sta assottigliando. Occorre agire in fretta per evitare nuove diseguaglianze fra i baby pensionati di ieri e i forzati del lavoro di oggi.

@nonnoenio

17 marzo 2017

Chieti - Voucher, niente referendum



Voucher, il governo si piega alla Cgil, Gentiloni viene battuto dalla Camusso a braccio di ferro Il Consiglio dei ministri ha così varato un decreto di legge ad hoc. La soppressione dei tre articoli, 48,49 e 50, del Jobs Act del 2015, partirà operativamente dal 1 gennaio 2018 per consentire l'esaurimento dei voucher già acquistati. Ogni giorno che passa mi rendo conto che siamo nelle mani di incapaci. Un Governo che decide di togliere i voucher per far piacere alla compagna Camusso ed ai sindacati che sono stati e sono la causa principale della rovina del nostro paese, è un Governo che non capisce niente perché senza voucher sarà la festa del lavoro in nero. I precari resteranno precari ed invece di essere pagati con un voucher e quindi con un pagamento legale, saranno pagati in nero. Complimenti vivissimi ai governanti non votati.Ma se anche il Papa (il che e' tutto dire) ha ammonito i dirigenti di non licenziare per meri interessi economici, cioe' di non licenziare secondo le regole del Job Act!!, riforma rivoluzionaria di Poletti targata RENZI, come peraltro 


anche confermato da una sentenza della Cassazione: “Il licenziamento è legittimo anche se l’azienda lo decide solo per aumentare i profitti"..Il Vaucher e' una ulteriore aberrazione di una riforma FALLITA..e giustamente Gentiloni corre ai ripari bacchettando il suo ministro. La cancellazione dei voucher provocherà delle conseguenze negative, in particolare per le realtà produttive meno strutturate e con più difficoltà a gestire la programmazione di attività stagionali che richiedono flessibilità. Questa decisione danneggerà anche tutti coloro che, in questi anni di crisi economica, hanno ottenuto grazie ai voucher un’utile integrazione al reddito, andando a colpire proprio le fasce più deboli (studenti, pensionati e percettori di prestazioni a sostegno del reddito

@nonnoenio
 

11 marzo 2017

Chieti - Se l’Italia cade a pezzi

Mi è crollato il mondo, pardon, il ponte addosso. Se la notizia non fosse drammatica per la povera coppia di marito e moglie uccisi e i tre operai feriti, il disastro avvenuto in piena autostrada nelle Marche dovrebbe ormai cambiare il nostro modo di dire. Perché non da ieri, quando l’improvviso e imprevisto crollo del cavalcavia all’altezza di Camerano (Ancona) ha travolto l’automobile della coppia che da lì transitava, schiacciandola, e ferito tre lavoratori romeni del cantiere all’opera, può accadere di morire sull’asfalto. Di morire, però, non per colpa di un incidente stradale. Ad Emidio Diomede e Antonella Viviani, i sessantenni sepolti dentro la loro macchina per il cedimento della struttura che ha tagliato l’autostrada in due, è successo qualcosa di analogo al crollo di un altro ponte sotto il peso di un Tir, lo scorso ottobre, sulla Milano-Lecco. Anche allora provocando la morte dell’ignaro conducente dell’auto di passaggio e il ferimento di quattro persone. E anche allora risuonarono le polemiche di oggi: com’è possibile? Come può accadere di morire in autostrada perché un ponte ti crolla addosso?

@nonnoenio