Un gioco, un vizio, un passatempo, ma soprattutto una tradizione. La passatella, piú che un gioco, è un torneo di oratoria contadina, dove si sfogano, in interminabili giri di parole, tutti i rancori, gli odi, le rivendicazioni represse. Con una partita breve di carte si determina un vincitore, che è il Re della passatella, e un suo aiutante. Il Re è il padrone della bottiglia, che tutti hanno pagato; e riempie i bicchieri a questo o a quello, secondo il suo arbitrio, lasciando a bocca asciutta chi gli pare. L’aiutante offre i bicchieri, e ha diritto di veto: può cioè impedire a chi si appresta a bere di portare il bicchiere alle labbra. Sia il Re che l’aiutante debbono giustificare il loro volere e il loro veto, e lo fanno, in contraddittorio, con lunghi discorsi, dove si alternano l’ironia e le passioni represse. Qualche volta il gioco è innocente e si limita allo scherzo di far bere tutto a uno solo, che sopporta male il vino, o di lasciare a secco proprio quello che si sa amarlo di piú. Ma il piú delle volte, nelle ragioni addotte dal Re e dall’aiutante, si rivelano gli odi e gli interessi, espressi con la lentezza,l’astuzia, la diffidenza e la profonda convinzione dei contadini. Le passatelle e le bottiglie si seguono una all’altra, per delle ore, finché i visi sono accesi per il vino, per il caldo, e per il destarsi delle passioni, aguzzate dall’ironia e appesantite dall’ubriachezza. Se ancora non scoppia la lite, è in tutti l’amarezza delle cose dette, degli affronti subiti. Così Carlo Levi racconta la passatella in Cristo si è fermato a Eboli. La narrazione è riferita al paese di Grassano, ma nella nostra cittadina questo gioco, o meglio tradizione, segue le stesse dinamiche. La passatella è arte ed è degna di riconoscimenti per chi “la sa fare”( molti sono i nomi che nel tempo sono rimasti impressi nelle menti dei giocatori). Ciò che la rende affascinante è anche il fatto che il gioco si tramanda di generazione in generazione e nei tavoli dei bar si vedono giovani generazioni con anziani signori che discutono e filosofeggiano nel mentre della passatella. Dalle nostre parti è più comune giocare con la birra, piuttosto che con il vino, perchè meno alcolica. Girando per i bar vedrete sicuramente persone sedute intorno ad un tavolo con carte napoletane e con tre bicchieri, di solito da 100 cl, che discutono, giocano e si offrono i bicchieri l’un con l’altro; se in futuro vi troverete ad assistere ad un giro di passatella, soffermatevi ad osservare i gesti e i rituali che ricorrono tra una mano e l’altra.
nonnoenio
interessante grazie...
RispondiEliminaE' un'usanza che si praticava qualche anno fa, nelle cantine fumose o nei pub, dove eserciti di pensionati si recavano per giocare a carte. Oggi, che ci sono i nonni sprint, è praticata un pò meno, questi ultimi preferiscono andare in bici o al massimo giocare alle bocce.
RispondiEliminaAnche da noi si fa più spesso con la birra (l'ho fatta anche io, qualche volta)
RispondiEliminaSembra un'usanza molto simile a quella che da me chiamano "romanella" e si svolge nelle così dette "fraschette" dei Castelli romani. Non necessariamente, però, si gioca a carte e neanche c'è il "rito" di cui parli. Se non sono le carte il comune denominatore, sono piattini con spizzichini come olive, salame, porchetta, coppiette... e poi sta bottiglia di vino (non proprio dei più nobili!!) che passa di mano in mano mentre si chiacchiera, si scherza, si raccontano storie o barzellette.... o si gioca a carte e chi perde, ovviamente, paga!!!
RispondiEliminaCiao Enio, buon pomeriggio.