È un bene che si parli della
famiglia, istituzione cardine della nostra società, crocevia di contraddizioni
e di forti cambiamenti. Ma è un male che se ne parli al di fuori di quei
confini dettati dal rispetto reciproco fra posizione contrapposte. Ed è un
grave errore lasciare, un tema così delicato, nelle mani degli opposti
estremismi, anche al di là dei colori politici che possono ispirarli. Per
questo è importante il segnale che arriverà nel week end da Verona e, soprattutto,
dai cortei e le manifestazioni previsti in una città, suo malgrado, blindata.
In piazza deve prevalere il rispetto delle idee diverse, l'affermazione
pacifica delle proprie posizioni e soprattutto dovrà esserci tanto buon senso,
da tutte le parti in causa. Detto questo, però, c'è un aspetto che il Congresso
mondiale della famiglia ha fino ad ora messo in sordina. Subissato dalle
polemiche, molto dure, che hanno avuto come bersaglio i temi etici. E
ignorando, ad esempio, che l'Italia da due trimestri a questa parte, ha smesso
di crescere. Siamo in recessione. L'apparato produttivo ha rallentato il suo
ritmo, gli imprenditori hanno frenato gli investimenti, le banche hanno
ristretto il credito e, sul fronte del mercato del lavoro, assistiamo al ritorno
dei contratti precari. Ma c'è di più: se confrontata con la crisi del 2008 la
situazione è addirittura più grave. Undici anni fa il Paese reale ha potuto
reggere il colpo anche perchè le famiglie erano solide ed hanno funzionato
egregiamente come ammortizzatori sociali. Ora, però, le risorse si sono
esaurite, il Paese è più povero e il tessuto produttivo ha perso per strada il
25% delle sue capacità. Rispetto a questo scenario, forse varrebbe davvero la
pena proporre un supplemento di dibattito a Verona. Fosse anche per chiedersi,
semplicemente, se l'attuale sistema economico sia davvero in grado di sostenere
quelle famiglie, troppe, che ancora non arrivano a fine mese e che non possono
continuare a reggersi solo sulla logica dei sussidi. Provate a chiedere un
mutuo per l'acquisto di una casa portando, in banca, soltanto la dichiarazione
Isee e l'assegno mensile del reddito di cittadinanza. Troppo poco perfino per
ottenere un prestito a un mese. Figuriamoci a vent'anni. Se davvero si vuole
dare una prospettiva ai giovani l'unica risposta è quella della crescita, dello
sviluppo, del rilancio degli investimenti e della creazione di posti di lavoro
veri e non frutto di misure assistenziali. Per salvare l'azienda-famiglia si
deve partire anche dai temi dell'economia e non solo da quelli dell'etica.
Forse si tratta semplicemente, di due facce della stessa medaglia.
@nonnoenio
NOI del partito degli under 70.000 abbiamo nel programma un referendum per farci annettere dalla germania non credo che ci sia altra possibilita' di redenzione.
RispondiEliminaAd esempio si potrebbero riportare le prebende di tutti i caporioni a quelle che percepivano al tempo della lira come e' per noi lavoratori e pinzionati