23 febbraio 2016

Chieti - Pane fatto in casa con lievito madre


«Buoni questi batteri. Pensi, hanno 150 anni». La conversazione, messa così, è piuttosto surreale. E difficilmente vi capiterà di sentirla mentre passeggiate per strada, fate la spesa, o siete comodamente seduti al tavolo di un ristorante. Eppure ai batteri è legata l’origine di un ingrediente indispensabile per realizzare un prodotto immancabile sulle nostre tavole: il pane. Ovviamente stiamo parlando di quello fatto in casa. Quello che veniva conservato nella madia per giorni. Quello che veniva cotto nel forno del paese. E che, per chi ama la tradizione e il benessere, è ancora oggi un cibo irrinunciabile. Alla base sta la «pasta madre» o «lievito madre». Che è appunto il frutto di una fermentazione di acqua e farina durante la quale i batteri (saccaromiceti, lattici e acetici) si «nutrono» di zuccheri e amidi e producono anidride carbonica e alcol. Cioè i due agenti della lievitazione. Che differenza c’è tra un pane convenzionale e quello realizzato con pasta madre? Il secondo è più digeribile, più soffice, ha una mollica più elastica ma, soprattutto, si conserva di più e può essere mangiato anche a distanza di una settimana senza che ci si trovi di fronte al classico «tozzo di pane secco». La pasta madre, ovviamente, può essere utilizzata anche per realizzare maritozzi, cornetti, panettoni, persino squisiti babà. Ma il vero tema è un altro. Trattandosi di batteri la loro «età» è fondamentale. Più vecchio il ceppo più sarà in grado di resistere all’influenza di agenti esterni. Per questo è fondamentale la cura della colonia che, se utilizzata con frequenza, deve essere nutrita con i cossiddetti «rinfreschi». Cioè l’aggiunto di acqua e farina che permettono ai batteri di mangiare e crescere. Trattandosi di esseri viventi la «morte» è sempre in agguato. La vostra pasta madre cambia colore diventando grigiastra? Perde l’alveolatura (i «buchi» all’interno del lievito)? La parte liquida e solida si scompongono? Nessun problema aggiungete un po’ di zucchero, del miele, un pezzo di frutta e riprenderà vita. In alternativa avvicinatela ad un cesto di frutta e la «comunicazione» di batteri farà il resto. Se poi volete conservarla per utilizzarla al momento opportuno basta liofilizzarla. Insomma è molto di più di un semplice tuffo nel passato, di una riscoperta delle nostre tradizioni, di una cura del benessere del corpo. «Pasta madre» significa riscoprire la natura nel senso più profondo del termine. E accorgersi che certi batteri non avranno un bell’aspetto, ma il sapore non è niente male.

La ricetta per 1 Kg di pane. Primo giorno 35 gr lievito/pasta madre 200 gr farina 00 150 gr acqua tiepida. Sciogliere il lievito madre e aggiungere la farina. Impastare per 10 minuti. Poi lasciare riposare per 12 ore in un contenitore di vetro. Secondo giorno Prendere l’impasto (biga) e aggiungere: 400 gr di farina 1 cucchiaio di malto o miele o zucchero di canna 225 gr di acqua tiepida facoltativi: 1 cucchiaino di sale e 1 cucchiaio di olio. Manipolare la biga lavorando sempre nello stesso senso fino a quando risulta omogenea e liscia. Quindi spezzarla e comporre una forma di circa 1 Kg. Incidere la superficie, lasciarla lievitare fino a quando non raddoppia la sua dimensione (da 3 a 5 ore). Infornare in forno preriscaldato a 200° per 30-35 minuti. Sfornare e lasciare riposare per 3-4 ore.


1 commento:

  1. Quasi quasi ci provo, così è l'occasione giusta per provare il forno che ho trovato in giardino e che ancora non ho usato. Forse la parte più delicata è preparare la pasta madre... Poi ti faccio sapere.

    Ciao Enio

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