26 febbraio 2014

Chieti - Bob Marley, miracolo a Milano

Sono stato, uno di quei 100.000 che stavano a San Siro il 27 giugno del 1980 al concerto di Bob Marley, allora avevo appena 33 anni e lavoravo in una azienda su a Milano. Era tra il tramonto e la notte, quando arrivarono i Wailers, le I Threes di Rita Marley, e lui, folletto leggero in precario equilibrio su un piede solo, Bob Marley, si vedeva lontano un miglio che si era "pompato" e parecchio anche. Non ricordo la "scaletta", ma ricordo che cantai 'No Woman No Cry' con le lacrime agli occhi e a squarciagola. Tutti comunque cantavamo e ballavamo, tutti ci sentivamo in quel momento, amici e fratelli. Marley sembrava cantasse solo per me, ma allo stesso tempo anche per gli altri migliaia. Roteava la testa e sembrava che da ogni suo ciuffo crespo si sprigionassero scariche elettriche che ti colpivano al petto facendoti dondolare su un piede solo come lui sul palco. Intorno uno sterminato campo di teste si muoveva come un'unica onda lenta. Chiudevi gli occhi e lui stava al tuo fianco a ballare insieme a te i suoi Wailers, a cantare con te le sue I Threes. Guida spirituale e discepolo al tempo stesso. Star della musica e amico da sempre.Stavamo vivendo un sogno e nessuno immaginava che sarebbe di lì a pochi giorni, finito, con la sua morte. Attacco  "Redemption Song", lui la suonò solo acustica, da solo, tremendamente da solo. Sulle gradinate a destra, al mio anello in alto, qualcuno accese un falò. Esattamente quando iniziò la canzone, la luna, tonda, rossa, apparve, a far da contro canto con una intensità toccante. Dopo la sua morte mi son sempre chiesto se quel giorno a Milano, lui già conoscesse il suo destino. Il ricordo di quella canzone, suonata così, in quella maniera, mi ha lasciato il sospetto che lui avesse intuito già tutto e che da solo ci stesse salutando ad uno ad uno. "Won't you help to sing, these songs of freedom cause all I ever had, Redemption songs all I ever had, redemption songs these songs of freedom, songs of freedom." Penso che molti della 'tribù' dei 100.000', come ci chiamò la stampa allora, tornarono a casa più belli, quella notte. PS: Ancora oggi mi capita di vedere appiccicato a qualche vecchia auto o su valigette di fotografi o dj l'adesivo di quel concerto, da tutti i possessori esibito con fierezza, rispetto e gelosia. Anch'io ce l'avevo attaccato alla mia vecchia e brutta seicento. Un melanoma sotto l'unghia dell'alluce destro poi propagatosi per tutto il corpo. Così nel 1981 moriva Bob Marley, cantautore, chitarrista, attivista giamaicano ma soprattutto leggenda della musica reggae. L'artista scoprì la malattia nel 1977, a causa di una ferita al piede. Per quattro anni cercò di combattare il tumore finché si spense l'11 maggio del 1981, dopo aver rifiutato l'amputazione dell'arto in base ai dettami del Rastafarianesimo, dottrina secondo cui il corpo umano deve rimanere integro. Tenne concerti ancora nel pieno della malattia, tra cui quello del 27 giugno 1980 allo stadio di San Siro, a Milano, di fronte a 100mila spettatori. Si dice che le sue ultime parole rivolte al figlio Ziggy furono «Money can't buy life» («I soldi non possono comprare la vita»). Marley era un  rastfariano, religione che coniuga ebraismo e cristianesimo  copto. Una religione che non contempla la possibilita' di alterare il corpo in alcun modo, men che meno con mutilazioni.

nonnoenio

5 commenti:

  1. era una delle prime volte che andavo a San Siro, con la metropolitana fino a Piazzale Lotto e poi la strada a piedi fino allo stadio insieme all'altra gente.Ricordo anche la preoccupazione che mi animava, quel giorno avevo preso la "busta" e l'avevo messa dentro la canottiera per paura che nella calca me l'avessoro pututa "fottere".Allora un impiegato di 5° livello portava a casa, senza scatti, 130 mila lire al mese.

    RispondiElimina
  2. bei tempi andati quando ancora si scopava senza saper nulla su l'AIDS

    RispondiElimina
  3. questo è un post da premio oscar!
    te grandissimo, te beato!

    RispondiElimina
  4. Sei un ladro nonno Ennio. Questo post è copiato da un mio articolo per Groove. Rivista di musica nera che mi chiese il ricordo di quel concerto.
    Francesco Roccaforte.

    RispondiElimina